martedì 15 novembre 2011

Una relazione evidenzia l'impatto positivo della mobilità dei lavoratori bulgari e rumeni sull'economia dell'UE

Comunicato stampa della Commissione Europea
Bruxelles, 11 novembre 2011 – Una nuova relazione pubblicata oggi dalla Commissione europea mette in rilievo il ruolo complessivamente positivo che i lavoratori in mobilità della Bulgaria e della Romania (UE-2) hanno svolto per le economie dei paesi ospitanti. Questi lavoratori hanno contribuito ad integrare il mix di abilità richiesto sul mercato del lavoro nonché a colmare i posti di lavoro vacanti in settori e professioni che registravano carenze di manodopera come ad esempio quello della costruzione, quello dei servizi alle famiglie e nella ristorazione. Dalle stime emerge anche l'impatto positivo della libera circolazione dei lavoratori rumeni e bulgari sul PIL a lungo termine dell'UE, con un aumento dello 0,3% circa nei paesi UE-27 (0,4% nei paesi UE-15).
Da tali studi emerge anche che non si è registrato un impatto significativo sulla disoccupazione o sui salari dei lavoratori locali nei paesi di destinazione: è stato dimostrato che nell'UE-15 i salari sono inferiori solo dello 0,28% a quanto sarebbero stati senza la mobilità dai paesi UE-2. La relazione ribadisce inoltre che non vi sono prove di un uso sproporzionato delle prestazioni da parte dei cittadini UE in mobilità all'interno dell'UE e che l'impatto dei recenti flussi sulle finanze pubbliche nazionali è trascurabile se non addirittura positivo. Rivolgendosi ai giornalisti ai margini di una conferenza tenutasi a Vienna, László Andor, Commissario UE responsabile per l'occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, ha ribadito l'impatto positivo della mobilità sostenendo che "spostarsi tra paesi offre opportunità reali e vantaggi economici sia per i paesi ospitanti che per l'UE nel suo insieme. Constatiamo che la mobilità geografica dipende in grande misura dalle tendenze dell'economia e dai luoghi in cui vi sono posti di lavoro da colmare". Il Commissario ha anche espresso con vigore l'auspicio di vedere rimosse tutte le restrizioni nell'accesso al mercato del lavoro aggiungendo: "limitare la libera circolazione dei lavoratori in Europa non è la risposta al problema della disoccupazione elevata. Ciò che dobbiamo fare è concentrare i nostri sforzi per creare nuove opportunità di lavoro". La mobilità post allargamento può aver comportato certi costi socioeconomici per i paesi di destinazione nonché per i paesi d'invio che si sono trovati a perdere capacità produttiva. La Commissione ritiene però che mentre una parte di tali costi può essere ridotta temporaneamente restringendo la mobilità del lavoro, nel lungo periodo gli squilibri del mercato del lavoro vanno affrontati attivando politiche specifiche. Dai dati esperienziali di cui si dispone emerge che le misure transitorie hanno avuto un effetto limitato sulla distribuzione della mobilità UE e che i flussi sono influenzati piuttosto da fattori come la domanda di lavoro o le competenze linguistiche. L'esperienza dell'allargamento del 2004 ha anche insegnato che limitare la libera circolazione dei lavoratori può avere effetti negativi, come ad esempio un aumento del lavoro sommerso. Le principali destinazioni dei cittadini trasferitisi dalla Bulgaria e dalla Romania sono state l'Italia e la Spagna e dai dati risulta che, alla fine del 2010, nell'UE-25 risiedeva il doppio di cittadini bulgari e rumeni (2,9 milioni) rispetto al 2006. Nel contempo, in termini relativi, i cittadini dell'UE-2 residenti in uno Stato membro UE-25 rappresentano soltanto lo 0,6 % della popolazione totale dell'UE-25. La quota maggiore la si registra a Cipro (4,1%), in Spagna (2,2 %) e in Italia (1,8 %). Inoltre, il tasso di occupazione dell'UE-2 (63%) è vicino a quello dell'UE-25 (65%). Tuttavia, successivamente alla flessione economica, i cittadini neoarrivati provenienti dall'UE-2 hanno incontrato maggiori difficoltà a trovare lavoro: circa il 16% era senza lavoro nel 2010 rispetto al 9% nel 2007. Ciò che risulta chiaro è che i cittadini dell'UE-2 trasferitisi di recente hanno svolto un ruolo marginale in relazione alla crisi del mercato del lavoro che è diretta conseguenza della crisi economica e finanziaria, nonché di problemi strutturali del mercato del lavoro. La relazione della Commissione costituirà la base su cui il Consiglio effettuerà un riesame del modo in cui le disposizioni transitorie sulla libera circolazione dei lavoratori bulgari e rumeni hanno funzionato nella pratica. Contesto
L'Atto di adesione del 2005 consente ai paesi dell'UE-25 di limitare temporaneamente il libero accesso dei lavoratori bulgari e rumeni ai loro mercati del lavoro, disponendo di una fase preparatoria alla piena mobilità dei lavoratori all'interno dell'UE. Il periodo transitorio di sette anni è suddiviso in tre fasi:

I primi 2 anni: la legislazione nazionale degli altri Stati membri disciplina l'accesso dei lavoratori bulgari e rumeni sui loro mercati del lavoro.

I 3 anni successivi: gli Stati membri possono estendere le loro disposizioni nazionali, previa notifica alla Commissione, prima dello scadere della prima fase, altrimenti si applica la normativa UE che garantisce la libera circolazione dei lavoratori.

Gli ultimi 2 anni: uno Stato membro che mantiene le proprie disposizioni nazionali alla fine della seconda fase può, in caso di esistenza o minaccia di gravi turbative del suo mercato del lavoro e previa notifica alla Commissione, continuare ad applicare tali misure fino alla fine del periodo di sette anni successivo alla data di adesione.

Entro il periodo di sette anni una clausola di salvaguardia consente ad uno Stato membro di reintrodurre restrizioni in caso di esistenza o minaccia di gravi turbative del mercato del lavoro. L'attuale seconda fase delle disposizioni transitorie giungerà a termine nel dicembre 2011. Dieci Stati membri (BE, DE, IRL, FR, IT, MT, NL, AT, LU, UK) continuano a limitare l'accesso ai lavoratori bulgari e rumeni. Tali Stati potranno mantenere le restrizioni successivamente al 31 dicembre 2011 soltanto se notificheranno alla Commissione, entro il 31 dicembre 2011, l'esistenza o la minaccia di una grave turbativa del mercato del lavoro. I lavoratori rumeni si trovano a loro volta ad affrontare restrizioni d'accesso al mercato del lavoro spagnolo dopo che la Commissione europea ha approvato la richiesta della Spagna di limitare l'accesso al proprio mercato del lavoro per i lavoratori rumeni fino al 31 dicembre 2012 a causa di gravi turbative intervenute sul suo mercato del lavoro. (IP/11/960) Le disposizioni transitorie termineranno irrevocabilmente il 31 dicembre 2013.

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