lunedì 31 ottobre 2011

"Frontiere intelligenti" per l'UE: la Commissione auspica un accesso più facile e maggior sicurezza

Bruxelles, 25 ottobre 2011 – L'Unione europea necessita di una gestione più moderna ed efficace dei flussi di viaggiatori alle frontiere esterne. La Commissione europea ha adottato oggi una comunicazione che illustra le principali opzioni per l'uso di nuove tecnologie diretto a semplificare la vita agli stranieri che si recano di frequente nell'UE e monitorare meglio i cittadini di paesi terzi che attraversano le frontiere.

Permettere ai viaggiatori di attraversare le frontiere rapidamente e senza intoppi, garantendo però un livello adeguato di sicurezza, è una vera sfida per molti Stati membri. Ogni anno oltre 700 milioni di cittadini dell'Unione e di paesi terzi attraversano le frontiere esterne dell'UE e in futuro saranno ancora di più: secondo stime, nel 20301 il numero viaggiatori negli aeroporti potrebbe addirittura aumentare dell'80%.

giovedì 27 ottobre 2011

"Carta blu" – Permessi di lavoro per migranti altamente qualificati: 6 Stati membri non rispettano le norme

Bruxelles, 27 ottobre 2011 – Non rispettando le norme dell'UE, alcuni Stati membri rendono particolarmente difficile per i lavoratori altamente qualificati venire a lavorare nell'UE. Oggi la Commissione ha richiesto formalmente a 6 Stati membri di conformarsi alle norme della direttiva “Carta blu”, il cui termine di attuazione è scaduto il 19 giugno 2011. Germania, Italia, Malta, Polonia, Portogallo e Svezia non hanno ancora attuato nel diritto interno le norme dell'UE relative ai lavoratori altamente qualificati. La Commissione ha pertanto deciso di emettere un parere motivato (ai sensi dell'articolo 258 del TFUE) richiedendo a tali Stati membri di attivarsi.

Nonostante siano nel pieno di una crisi economica caratterizzata da tassi di disoccupazione particolarmente elevati, i datori di lavoro spesso non riescono a trovare i lavoratori altamente qualificati di cui hanno bisogno . La direttiva “Carta blu UE” istituisce norme comuni ed efficaci che permettono ai cittadini di paesi terzi altamente qualificati di venire a lavorare in Europa nei mercati del lavoro in cui sono richieste le loro competenze. La direttiva introduce una procedura accelerata di ammissione per tali stranieri e garantisce un insieme comune di diritti sociali ed economici (uguali a quelli dei cittadini dell'Unione) in vari settori. Se l'Unione vuole raggiungere l'obiettivo di una crescita sostenibile e inclusiva, basata sulla ricerca e sull'innovazione, l'Europa deve attrarre più talenti. A tal fine è essenziale che tutti gli Stati membri applichino queste norme comuni e promuovano una politica globale ed equilibrata dell'UE in materia di migrazione.

Dichiarazione dal vertice EURO

1. Negli ultimi tre anni abbiamo adottato misure senza precedenti per combattere gli effetti della crisi finanziaria mondiale, sia nell'ambito dell'Unione europea che all'interno della zona euro. La strategia che abbiamo istituito comprende sforzi decisi per garantire risanamento di bilancio, sostegno ai paesi in difficoltà e rafforzamento della governance della zona euro così di realizzare una maggiore integrazione economica tra noi e un'ambiziosa agenda per la crescita. Nella riunione del 21 luglio abbiamo adottato una serie di decisioni importanti. La ratifica da parte di tutti i 17 Stati membri della zona euro delle misure riguardanti il FESF rafforza notevolmente la nostra capacità di reagire alla crisi. L'accordo delle tre istituzioni su un pacchetto legislativo forte all'interno delle strutture dell'UE in merito a una migliore governance economica rappresenta un altro risultato significativo. L'introduzione del semestre europeo, in base al quale ora il coordinamento a livello dell'UE avviene prima che siano adottate le decisioni nazionali, ha cambiato radicalmente le modalità di coordinamento a livello europeo delle nostre politiche economiche e di bilancio. L'euro continua a poggiare su fondamentali solidi.
2. Occorrono ulteriori azioni per ripristinare la fiducia ed è per questo che, oggi, abbiamo convenuto una serie globale di misure supplementari che rispecchiano la nostra ferma determinazione a fare tutto il necessario per superare le attuali difficoltà e a intraprendere le iniziative richieste per il completamento dell'unione economica e monetaria.

Principali risultati del vertice euro

L'euro si trova al centro del nostro progetto europeo di pace, stabilità e prosperità. Abbiamo convenuto oggi una serie di misure globali per ripristinare la fiducia e affrontare le attuali tensioni nei mercati finanziari. Tali misure rispecchiano la nostra ferma determinazione a superare insieme le attuali difficoltà e intraprendere tutte le iniziative necessarie per conseguire una più profonda unione economica, adeguata alla nostra unione monetaria. In data odierna abbiamo convenuto quanto segue.

1. Un accordo che dovrebbe assicurare la riduzione del rapporto debito/PIL della Grecia con l'obiettivo di raggiungere la percentuale del 120% entro il 2020. Gli Stati membri della zona euro contribuiranno al pacchetto relativo alla partecipazione del settore privato fino ad un importo di 30 miliardi di EUR. Lo sconto nominale sarà pari al 50% del debito greco virtuale detenuto da investitori privati.

Dichiarazione dei capi di stato o di governo dell'UE (in particolare sulla ricapitalizzazione delle banche)

Nella riunione odierna, conformemente al punto 7 delle conclusioni del Consiglio europeo del 23 ottobre, riguardante le relazioni tra l'UE e la zona euro, i membri del Consiglio europeo sono stati informati dal presidente Van Rompuy in merito allo stato dei preparativi del vertice euro che si svolgerà nel corso della giornata. Hanno discusso la situazione e sottolineato la loro comune volontà di fare il possibile per superare la crisi e per contribuire ad affrontare in uno spirito di solidarietà le sfide che si pongono all'Unione europea e alla zona euro. Hanno accolto con favore il consenso sulle misure intese a ristabilire la fiducia nel settore bancario, raggiunto dal Consiglio ECOFIN il 22 ottobre. Su tale base hanno convenuto il testo allegato alla presente dichiarazione fatto salvo l'accordo sulle misure indicate nel testo che fanno parte di un pacchetto più ampio, che include le decisioni che saranno prese nella riunione odierna del vertice euro. Il Consiglio ECOFIN ultimerà i lavori e adotterà le necessarie misure di follow-up.

martedì 25 ottobre 2011

Cambiare l'Italia, cambiare l'Europa

Roberto Musacchio
L'articolo presentato uscirà sul prossimo numero di Progetto Lavoro per una sinistra del XXI secolo

"Cambiare l’Italia, cambiare l’Europa", era il secondo striscione di apertura che il movimento aveva deciso di mostrare alla manifestazione del 15 ottobre, a seguire quello che riportava lo slogan internazionale, "People of Europe, rise up – popoli d’Europa, alzatevi". Un segno importante di comprensione del fatto che l’indignazione chiede comunque anche il cambiamento e che il cambiare l’Italia e l’Europa vanno di pari passo. Come sia andata poi la manifestazione lo sappiamo e la discussione su questo non è la materia di questo articolo. Per quanto devastato dalla incursione di un politicismo violento, che è altro dalla sofferenza sociale che esprime rabbia, il movimento è riuscito comunque in questa fase a mettere al centro i suoi temi che sono quelli di una critica radicale della condizione che si è determinata a seguito delle politiche di globalizzazione liberista che, qui da noi, hanno segnato profondamente il progetto, che ha una valenza storica, di realizzazione della integrazione europea. Qui c’è un primo elemento di approfondimento necessario. La costruzione dell’Europa è la forma concreta che la globalizzazione liberista assume nel Vecchio Continente? Oppure, il percorso storico della realizzazione dell’Europa precede e, in parte, prescinde, salvo poi però essere curvato dal suo realizzarsi concretamente nell’epoca dell’egemonia del pensiero unico verso il divenire una mera, sia pur potente, articolazione di quella egemonia? La mia risposta è la seconda e poggia sulla ricognizione di un lungo percorso storico che dalla liberazione dalla società feudale, all’urbanesimo e all’umanesimo, fino all’era segnata dall’irrompere del movimento operaio, parla di una costruzione complessa, e terribilmente drammatica se solo pensiamo alle guerre, al colonialismo, al razzismo, che produce quello che chiamiamo il modello sociale europeo. E che ha in sé i materiali per provare a fare dell’Europa quello di cui parlano Bauman, l’avventura della costruzione di una globalizzazione dei diritti e della cittadinanza, e Balibar, il mediatore disarmato che traghetta il mondo fuori da guerra e violenza. Ma la realtà storica ci dice che l’Europa che si sta realizzando è molto più simile a quella che porterebbe a dare un consenso alla prima risposta, e cioè una articolazione del pensiero unico.

venerdì 14 ottobre 2011

Materiali

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Dall'indignazione europea all'impegno per gli Stati Uniti d'Europa

Nicola Vallinoto

Da sostenitore del progetto federalista di un'altra Europa 'libera e unita' non posso che ringraziare Rossana Rossanda per aver lanciato sul Manifesto, in collaborazione con sbilanciamoci.info, una discussione a tutto campo sulla rotta del Vecchio continente in questo momento di profonda crisi.

Con questa riflessione vorrei rispondere ai due quesiti posti da Rossanda ovvero se “Non c’è stato qualche errore nella costituzione della Ue? E come si ripara?" La risposta alla prima domanda va ricercata nell’impostazione funzionalista della costruzione europea che non ha consentito il completamento della federazione europea con un governo democratico responsabile di fronte a un Parlamento, eletto dai cittadini europei e con poteri legislativi, per gestire le materie e i beni di interesse comune. La scelta funzionalista con la quale si è costruito prima il mercato unico, lasciando l'unione politica come obiettivo da realizzare in un secondo momento, è stato un errore imperdonabile soprattutto da parte della sinistra che ha creduto di poter perseguire valori e ideali cosmopoliti dentro gli angusti spazi nazionali. La risposta alla seconda domanda mi viene suggerita dalla lettura di un articolo del 1915 pubblicato nel Sotsial-Demokrat in cui Lenin giunge alla conclusione che “la parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa è sbagliata”.

Comunicato del Coordinamento Energia Felice

INVITO A PARTECIPARE ALLA GIORNATA EUROPEA DEGLI INDIGNATI 

A tutto il popolo
 ed in particolare a tutto il popolo che ha manifestato con il referendum la volontà di chiudere la partita con il nucleare Condividiamo la scelta di partecipare alla giornata di mobilitazione internazionale del 15 ottobre. In quella giornata in molte parti del globo si manifesterà contro l'austerity e le scelte economiche in questo periodo di crisi; una crisi che riguarda anche la politica istituzionale e la democrazia. Una crisi assunta a pretesto di ricatti che spacciano privatizzazioni e Grandi Opere come rimedi salvifici. Grazie ad una sua - della crisi -truffaldina gestione antipopolare, le centrali nucleari, che abbiamo cacciato dalla porta, potremmo vedercele tornare dalla finestra, come recentissimamente l'AD dell'ENEL Fulvio Conti ha minacciato.

IFE Italia (Iniziativa femminista europea in Italia)

PARTECIPEREMO ALLE MOBILITAZIONI DI SABATO 15 OTTOBRE 2011
perché consideriamo insopportabile che i soggetti che hanno determinato , con le loro scelte economiche, sociali e politiche, impoverimento e diseguaglianza ora si mettano in cattedra e impongano le ricette per uscire dal disastro che loro stessi hanno creato. Lo faremo a partire da noi stesse, dai nostri diritti, bisogni, desideri, sogni. Il sistema neoliberista, attraverso il processo di femminilizzazione del lavoro (insieme a quello della clandestinizzazione delle vite di chi lavora ), ha esponenzialmente aumentato la manodopera femminile con lo scopo di precarizzare il lavoro ed i suoi diritti attraverso la generalizzazione delle modalità di ingresso al lavoro storicamente destinate alle donne perché ritenute da sempre manodopera di riserva : flessibilità, tempo determinato, part-time, bassi salari, diritti precari. Non capire o non tenere in considerazione questo dato significa negarsi la possibilità di comprendere la natura dei sistemi di potere che governano il mondo. Sistemi di potere che hanno teso a svilire il principio di eguaglianza e a rendere debole la democrazia per enfatizzare la dimensione privata. Ma quello di oggi è un privato svuotato dalla dimensione conflittuale che seppe assumere negli anni ’70 grazie alla rivoluzionaria intuizione del movimento delle donne (“il personale è politico”). Che genera solitudine, frammentazione, esclusione, chiusura, paura. Un terreno fertile per la riproposizione di un ’”ordine simbolico” di natura patriarcale che rinvigorisce i più “tradizionali” stereotipi femminili. A tutto danno del principio di laicità. Non è un caso che il principio di eguaglianza ( inteso non come desiderio di omologazione ma, al contrario, come processo di sovvertimento delle cause che hanno determinato le ineguaglianze) e quello di laicità (intesa non come acritico multiculturalismo o come “semplice” separazione fra Stato e Chiesa ma come rivoluzionario principio di autogoverno di si stesse/i) hanno subito pesanti arretramenti. Eguaglianza, laicità, libertà, democrazia e pace sono per noi principi irrinunciabili e sono le parole con cui provare a ricostruire un orizzonte, di senso e di lotta, nel quale poterci riconoscere. Per questi principi e con queste parole parteciperemo alle mobilitazioni del 15 ottobre.

IFE Italia
ife.efi.italia@gmail.com
www.ifeitalia.eu

mercoledì 12 ottobre 2011

L'Europa secondo Barroso

Mr. President, Presidency in office of the Council, Honourable Members, The European Council of 23 October will be held against a backdrop of urgency over the threat of systemic crisis now unfolding. There are many issues on the European agenda. The Minister of the Polish Presidency mentioned most of them. I will not of course go into detail of the many important challenges, from the conference in Durban to very important external items. I will today focus on the urgent response needed to the financial and economic crisis. To break the vicious cycle of uncertainty over sovereign debt sustainability and over growth prospects, we need comprehensive solutions now. In my State of the Union address to this Parliament two weeks ago I promised responses. Today we are delivering. I can announce that the Commission has just adopted a roadmap to stability and growth. And we have set out concrete terms and timelines to implement it. You are the first to whom I communicate the main elements of this roadmap. I am sending to the President of the European Parliament the document that we have first adopted some time ago. Honourable Members, Over the last three years, the European Union has come out with specific responses to different aspects of the crisis. Now is the time to bring them all together. To once and for all meet the depth of the crisis with a full comprehensive and credible response. The elements in this roadmap are interdependent.

Verso il 15 ottobre un appello per il reddito di base

Nel marzo di quattro anni fa, all'alba dell'attuale crisi globale, Ulrich Beck osservò: «Dobbiamo finalmente porre all'ordine del giorno queste questioni: come si può condurre una vita sensata anche se non si trova un lavoro? Come saranno possibili la democrazia e la libertà al di là della piena occupazione? Come potranno le persone diventare cittadini consapevoli, senza un lavoro retribuito? Abbiamo bisogno di un reddito di cittadinanza. Non è una provocazione, ma un'esigenza politica realistica». Dinanzi a questa crisi infinita, che produce sempre più disoccupazione e povertà di massa e all'incapacità delle classi dirigenti di intervenire per ridurre i danni sociali, riteniamo sia il momento di rilanciare l'esortazione in favore di un reddito di base incondizionato, come concreta opzione per garantire, nell'immediato, la possibilità di una vita degna alle persone più drammaticamente colpite da insicurezza e impoverimento e, in prospettiva, per auspicare e realizzare un'altra idea di società. Nei movimenti di cittadini che si mobilitano per rispondere alla crisi c'è una diffusa richiesta di trasformazione delle politiche pubbliche, in favore di maggiori interventi garantistici, per il riconoscimento di diritti sociali universali e il ripensamento del modello di sviluppo, oltre e contro la finanziarizzazione dell'economia.

lunedì 10 ottobre 2011

Il Parlamento Europeo e il diritto universale all'acqua

Stefano Squarcina

Il Parlamento europeo, unica istituzione dell’Unione Europea con piena legittimità democratica conferitagli dall’elezione a suffragio universale diretto, ha una storia consolidata di prese di posizioni politiche a favore del diritto universale all’accesso all’acqua potabile, che –secondo l’istituzione parlamentare che controlla Commissione e Consiglio- solo un servizio pubblico può garantire, sebbene non scarti mai in assoluto ipotesi di partenariato pubblico-privato accanto a quelle pubblico-pubblico. Il 4 settembre 2003 il Parlamento europeo approva all’unanimità una risoluzione “sulla gestione delle risorse idriche nella politica dei Paesi in Via di Sviluppo e le priorità della cooperazione internazionale dell’Unione Europea”. L’accento è messo soprattutto sui problemi dei Paesi più poveri nell’approvvigionamento d’acqua, ma la relazione contiene molte affermazioni importanti che vanno oltre quel quadro. Il Parlamento parte della constatazione “che, su sei miliardi di esseri umani (siamo nel 2003, NDR), 1,7 miliardi di persone non hanno accesso all'acqua potabile e più di tre miliardi non hanno accesso ad adeguate strutture igienico-sanitarie”; e che “la rarefazione delle risorse e le sfide economiche e territoriali correlate all'acqua rischiano di provocare conflitti armati in talune regioni del globo, compromettendo così lo sviluppo sostenibile, la pace e la stabilità”.

venerdì 7 ottobre 2011

Alternative reali: Per un nuovo patto sociale europeo

Lorenzo Marsili, European Alternatives

Negli ultimi mesi quasi tutti i paesi europei sono stati soggetti a politiche di austerità, tagli ai servizi di sicurezza sociale, nella tendenza generalizzata a spostare sui più deboli i costi della crisi e del salvataggio delle banche.
Le politiche di austerità non stanno funzionando. Non sono né democratiche, né giuste, né una via realistica per uscire dalla crisi. Tagli al Welfare, privatizzazioni forzate, e una riduzione del costo e della dignità del lavoro stanno trascinando i paesi europei in un circolo vizioso di riduzione della produzione economica e crescita del deficit, al tempo stesso favorendo gli stessi interessi economici e finanziari che sono stati i primi responsabili della crisi.
La crisi ha svelato l’illusione che voleva i mercati capaci di autoregolarsi, perciò ora spetta alla politica prendere nuovamente le redini dell’economia. In Europa, il rilancio dell’economia richiede decisioni coordinate. Al momento queste decisioni sono prese senza alcuna partecipazione democratica, e con risultati che gran parte dei cittadini percepiscono come totalmente ingiusti. Le proteste sono un segno di questo sentimento condiviso di ingiustizia.

giovedì 6 ottobre 2011

Il default della Grecia

L'articolo presentato uscirà sul prossimo numero di Progetto Lavoro per una sinistra del XXI secolo
Stefano Squarcina

É venuto il momento di allacciare le cinture di sicurezza, e di stringerle forte, visto che stanno saltando uno dopo l'altro i vari piani di salvataggio elaborati dall'Unione Europea per tamponare la crisi finanziaria greca ed evitarne una più complessiva di tutta l'eurozona. Del resto, queste strategie non hanno alcun reale significato economico, limitandosi -in modo ostinato ed ideologico- a fare della Grecia un capro espiatorio per colpe che non sono tutte sue. Stiamo arrivando al momento della verità, all'ammissione politica dell'inadeguatezza dell'intervento europeo verso Atene e al riconoscimento del fatto che, alla fine, solo un fallimento controllato ed ordinato della Grecia rappresenterà la vera "exit strategy" da questa situazione. Certo, l'Unione Europea non userà mai formalmente questa parola ("default"), anche perché rappresenterebbe contemporaneamente il suo di "fallimento", politico ed economico-finanziario, ma basta dare un'occhiata alla realtà dei fatti per accorgersi di cosa stiamo parlando. Andiamo con ordine.

Materiali da scaricare: scheda sulla Tassa sulle Transazioni Finanziarie

Scarica la scheda, clicca qui

Eurobond

L'articolo presentato uscirà sul prossimo numero di Progetto Lavoro per una sinistra del XXI secolo
Stefano Squarcina

Il dibattito politico sugli Eurobond, in altre parole sulla proposta di creare obbligazioni del debito pubblico dei diciassette Paesi dell'Eurozona emesse da un'apposita agenzia dell'Unione Europea e garantite congiuntamente dall'Eurozona stessa, ha ripreso il volo quest'estate, durante il picco della crisi politico-finanziaria che ha investito i mercati mondiali, e più particolarmente europei. Possiamo distinguere quattro tipi possibili di questi strumenti finanziari:

1) gli "Union Bond": titoli di debito pubblico europeo a lungo termine proposti nel 1993 dall'allora Presidente della Commissione europea Jacques Delors, che dovevano essere garantiti dal bilancio della Comunità europea per finanziare investimenti in grandi infrastrutture transeuropee i cui ricavi sarebbero andati ai promotori dei progetti medesimi. Non se n'è fatto mai nulla. Una loro parziale variante sono i “Project Bond" sostenuti da José Manuel Barroso nel 2010, per realizzare singole infrastrutture europee con finanziamenti nel partenariato pubblico-privato: ne esistono alcuni esempi, poco significativi per la loro portata finanziaria;

2) gli "Stability Bond": è un modo diverso di chiamare il "Fondo Europeo per la Stabilità Finanziaria" (EFSF), dotato di garanzie di capitale fino a 440 miliardi per emettere titoli finalizzati a prestiti condizionati ai Paesi in crisi dell'Eurozona. L'EFSF viene alimentato da versamenti nazionali dei diciassette stati dell'Eurozona proporzionali alle quote che gli stessi stati hanno nella Banca Centrale Europea; nel 2013 l'EFSF verrà sostituito dal "Meccanismo Europeo di Stabilità" (MES);

Stress Test

L'articolo presentato uscirà sul prossimo numero di Progetto Lavoro per una sinistra del XXI secolo
Stefano Squarcina

Pensata come grande operazione di esibizione di muscoli finanziari per dimostrare che tutto va bene e che lo stato di salute del sistema bancario europeo è eccellente, la pubblicazione -il 15 luglio scorso- dei risultati degli « stress test » cui sono stati sottoposti 91 istituti finanziari dell’UE non ha convinto nessuno. Per mettersi al riparo dalle critiche di chi la accusava di non voler vedere in faccia la verità -l’estrema fragilità del sistema creditizio europeo- l’Autorità Bancaria Europea (ABE) ha elaborato dei potenziali « scenari di crisi acuta » e ha chiesto alle banche di verificare la loro solidità e liquidità in tali contesti virtuali. L’obiettivo principale era di testare i livelli critici del « Tier One », i fondi reali a disposizione degli istituti finanziari, quelli che rappresentano la vera garanzia per i creditori in caso di catastrofe (immaginata come una crisi di almeno due anni, con crescita nulla del PIB per il 2012 e di -0,4% per il 2011), e fissati tra il 5 ed il 7% dell’insieme delle attività della banca in questione. Ma l’attendibilità scientifica e politica degli “stress test” è stata macchiata dalla decisione dell’ABE di escludere da ogni “scenario di crisi” qualsiasi ipotesi di default o fallimento di uno Stato Membro dell’Unione, come la Grecia o il Portogallo, ipotesi invece molto realistica vista la situazione. Questo significa che l’ABE, per ragioni squisitamente politiche (“non è all’ordine del giorno nessun default in Europa”, ma chi gliel’ha detto…), ha ordinato “stress test” dalla credibilità inesistente, come puntualmente si è verificato poche settimane dopo la pubblicazione dei risultati, quando il sistema creditizio e finanziario mondiale è entrato nella più grave crisi dopo quella scatenata dai “subprimes” americani nel 2008.