Lorenzo Marsili, European Alternatives
Negli ultimi mesi quasi tutti i paesi europei sono stati soggetti a politiche di austerità, tagli ai servizi di sicurezza sociale, nella tendenza generalizzata a spostare sui più deboli i costi della crisi e del salvataggio delle banche.
Le politiche di austerità non stanno funzionando. Non sono né democratiche, né giuste, né una via realistica per uscire dalla crisi. Tagli al Welfare, privatizzazioni forzate, e una riduzione del costo e della dignità del lavoro stanno trascinando i paesi europei in un circolo vizioso di riduzione della produzione economica e crescita del deficit, al tempo stesso favorendo gli stessi interessi economici e finanziari che sono stati i primi responsabili della crisi.
La crisi ha svelato l’illusione che voleva i mercati capaci di autoregolarsi, perciò ora spetta alla politica prendere nuovamente le redini dell’economia. In Europa, il rilancio dell’economia richiede decisioni coordinate. Al momento queste decisioni sono prese senza alcuna partecipazione democratica, e con risultati che gran parte dei cittadini percepiscono come totalmente ingiusti. Le proteste sono un segno di questo sentimento condiviso di ingiustizia.
Il patto sociale europeo basato su un’economia sociale di mercato redistributiva è stato sospeso, e ora viene riscritto dalle élites economiche e dai loro deboli portavoce politici. Le proteste che si stanno diffondendo a livello transnazionale possono essere viste come una riconoscimento del carattere costituente della crisi permanente, e un rifiuto democratico di avere un nuovo patto siglato a scapito della grande maggioranza dei cittadini.
Le proposte per uscire dalla crisi portate avanti dai leader politici rischiano non solamente di dimostrarsi inefficaci, ma di consegnare un grande numero di persone a un futuro privo di speranza e di benessere economico e sociale. Se i paesi economicamente più deboli vengono messi sotto la tutela dei paesi economicamente più forti, cresce il rischio di creare due classi di cittadinanza, dove i cittadini dei paesi ricchi hanno più potere nel definire il futuro dell’Europa rispetto ai cittadini dei paesi poveri. Questa non è né democrazia reale né uguaglianza reale.
Rifiutiamo la falsa logica di quanti lamentano l’assenza di serie alternative. Alternative per il rilancio del patto sociale europeo esistono e sono chiaramente espresse, con proposte sia sul fronte delle entrate che delle spese.
Tra queste:
• Anticipare al 2012 l’implementazione della Tassa europea sulle transazioni finanziarie.
• Implementare una Carbon Tax a livello europeo.
• Trasferire il debito pubblico dei paesi dell’eurozona in eurobond garantiti collettivamente.
• Emettere “project bonds” dell’Unione europea per un piano di investimenti in energie rinnovabili e mobilità urbana sostenibile.
• Limitare l’ineguaglianza negli stati europei e richiedere misure strutturali per una redistribuzione della ricchezza.
• Stabilire un reddito minimo europeo.
• Garantire il diritto di accesso ai beni comuni, tra cui educazione, salute, servizi di base, alloggio.
• Cambiare il mandato della Banca Centrale Europea per includere il controllo dei livelli di disoccupazione, ed estendere alla BCE il diritto di stampare denaro e comprare debito pubblico direttamente dal tesoro a tassi di interesse ridotti.
• Sviluppo di un nuovo patto di crescita e stabilità con la partecipazione della cittadinanza e delle rappresentanze parlamentari a un livello direttamente europeo.
La costante degenerazione della coesione sociale nei paesi europei può essere fermata a partire da politiche economiche ragionevoli e giuste. Se ciò non dovesse accadere, sarebbe giustificata una radicalizzazione del conflitto sociale e delle richieste.
Una mancata ristrutturazione del patto sociale europeo porterà ugualmente al riemergere di nazionalismi e razzismo, i cui segni sono già evidenti nella crescita di partiti xenofobi e di estrema destra nella maggioranza dei paesi europei.
Riprendere controllo dell’economia richiede la costruzione di uno spazio europeo politico e democratico, capace di prendere l’iniziativa e che risponda direttamente alla cittadinanza. Ora più che mai, è chiaro che l’unica possibilità per i cittadini europei di riconquistare il controllo democratico della propria società è effettuare un salto verso una completa unione economica e politica, mettendo fine alla sottomissione degli stati nazionali alle terapie shock dei mercati finanziari.
Assieme ai movimenti sociali, alla società civile, e ai cittadini di tutta Europa e oltre, è più che mai necessario accettare la sfida della mobilitazione permanente e impegnarsi a dedicare tempo e risorse alla lotta per una democrazia e un’eguaglianza reale in tutta Europa.
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