Stefano Squarcina
Il Parlamento europeo, unica istituzione dell’Unione Europea con piena legittimità democratica conferitagli dall’elezione a suffragio universale diretto, ha una storia consolidata di prese di posizioni politiche a favore del diritto universale all’accesso all’acqua potabile, che –secondo l’istituzione parlamentare che controlla Commissione e Consiglio- solo un servizio pubblico può garantire, sebbene non scarti mai in assoluto ipotesi di partenariato pubblico-privato accanto a quelle pubblico-pubblico.
Il 4 settembre 2003 il Parlamento europeo approva all’unanimità una risoluzione “sulla gestione delle risorse idriche nella politica dei Paesi in Via di Sviluppo e le priorità della cooperazione internazionale dell’Unione Europea”. L’accento è messo soprattutto sui problemi dei Paesi più poveri nell’approvvigionamento d’acqua, ma la relazione contiene molte affermazioni importanti che vanno oltre quel quadro. Il Parlamento parte della constatazione “che, su sei miliardi di esseri umani (siamo nel 2003, NDR), 1,7 miliardi di persone non hanno accesso all'acqua potabile e più di tre miliardi non hanno accesso ad adeguate strutture igienico-sanitarie”; e che “la rarefazione delle risorse e le sfide economiche e territoriali correlate all'acqua rischiano di provocare conflitti armati in talune regioni del globo, compromettendo così lo sviluppo sostenibile, la pace e la stabilità”.
Di conseguenza, per la prima volta, l’Europarlamento afferma che “l'accesso all'acqua potabile pulita in quantità e qualità congrue costituisce un diritto umano fondamentale e ritiene che i governi nazionali hanno il dovere di adempiere a questo obbligo; rileva che un accesso ragionevole all'acqua significa almeno 20 litri al giorno per persona proveniente da una fonte pulita nel raggio di 1 km”. In più, sottolinea che “l'erogazione dell'acqua andrebbe intesa essenzialmente quale servizio pubblico e pertanto organizzata in modo da garantire un accesso a tariffe abbordabili per tutti; insiste sulla necessità di appoggiare i poteri pubblici locali nei loro sforzi finalizzati alla creazione di sistemi partecipativi e democratici innovativi della gestione pubblica delle risorse idriche che siano efficaci, trasparenti, regolamentati e rispettosi degli obiettivi di sviluppo sostenibile onde sopperire ai bisogni delle popolazioni; sottolinea in questo contesto la necessità di uno sviluppo delle capacità locali per la creazione e la manutenzione dei servizi idrici nonché per l'utilizzazione sostenibile delle scarse risorse idriche da parte delle popolazioni”. Il Parlamento fa poi una proposta, che si possa cioè “far ricorso a scambi debito/acqua in modo che il debito dei Paesi più poveri possa essere ripianato e utilizzato per finanziare infrastrutture di base e di approvvigionamento e di depurazione dell'acqua; ritiene che la politica dell'acqua debba integrare la realizzabilità economica, la solidarietà sociale, la responsabilità ecologica e l'utilizzazione razionale per non compromettere le esigenze delle future generazioni”.
Se la risoluzione appena descritta riguarda principalmente i Paesi in Via di Sviluppo, l`11 marzo 2004 il Parlamento europeo approva invece un «Rapporto sulla strategia del mercato interno – priorità 2003-2006» che riguarda direttamente l’Unione Europea e i suoi Stati Membri. Grazie alla mobilitazione del Contratto Mondiale per l’Acqua, la maggioranza degli eurodeputati accolse un emendamento proposto da personalità come Danielle Mitterrand, Mario Soares, Alex Zanotelli o Riccardo Petrella in cui si affermava che «essendo l’acqua un bene comune dell’umanità, la gestione delle risorse idriche non dev’essere assoggettata alle norme del mercato interno», ovvero non dev’essere privatizzata. Nella risoluzione del 2004 si legge anche «che non si dovrebbe realizzare la liberalizzazione dell’approvvigionamento idrico alla luce delle caratteristiche spiccatamente regionali del settore e delle responsabilità a livello locale in materia di acque potabili; chiede tuttavia, senza arrivare alla liberalizzazione, che l’approvvigionamento idrico verga ammodernato secondo principi economici, standard qualitativi e ambientali, requisiti di efficienza ».
Un’altra occasione data al Parlamento europeo per esprimersi sulle politiche dell’acqua è fornita dall’organizzazione a Città del Messico del quarto “Forum Mondiale dell’Acqua / World Water Forum”, evento al quale la Commissione Europea decise di partecipare, tra le critiche di numerosi europarlamentari di molti gruppi politici (il Forum è controllato dalle multinazionali private dell’acqua, si riunisce ogni due anni per influire sulle politiche pubbliche che riguardano la gestione delle risorse idriche, non ha nessuna legittimità). Nella sua risoluzione del 15 marzo 2006, approvata all’unanimità, l’Europarlamento critica severamente il Forum e “dichiara che l'acqua è un bene comune dell'umanità e come tale l'accesso all'acqua costituisce un diritto fondamentale della persona umana; chiede che siano esplicati tutti gli sforzi necessari a garantire l'accesso all'acqua alle popolazioni più povere entro il 2015”. Il Parlamento di Strasburgo “chiede che la Commissione rappresenti l'Unione europea al quarto Forum mondiale dell'acqua con il mandato di far riconoscere nella dichiarazione ministeriale finale che l'accesso all'acqua potabile è un diritto fondamentale della persona umana; chiede a questo proposito che l'Unione europea e i suoi Stati membri propongano, sotto l'egida delle Nazioni Unite, l'elaborazione di un trattato internazionale sull'acqua e la gestione delle risorse idriche, che riconosca il diritto all'accesso all'acqua potabile; insiste affinché la gestione delle risorse idriche si basi su un'impostazione partecipativa e integrata che coinvolga gli utenti e i responsabili decisionali nella definizione delle politiche in materia di acqua a livello locale e in modo democratico”. Inoltre, l’Europarlamento “valuta positivamente e incoraggia il lavoro delle organizzazioni della società civile europea e internazionale per quanto riguarda la ricerca di soluzioni ai problemi relativi all'accesso all'acqua, particolarmente per le popolazioni più povere; raccomanda ai partecipanti al quarto Forum mondiale dell'acqua di prendere attivamente parte alle attività organizzate in quei giorni dalle organizzazioni della società civile e di prendere seriamente in considerazione le proposte che potranno essere avanzate da dette organizzazioni”.
Il 9 ottobre 2008, invece, il Parlamento europeo approva –sempre alla sostanziale unanimità- una risoluzione “sulla carenza idrica e la siccità nell’Unione Europea”, la quale parte dalla considerazione “che l'acqua è essenziale per la vita ed è un bene comune che non deve essere ridotto a un mero prodotto di consumo; e che la garanzia di un equo accesso all'acqua per tutti, comprese le generazioni future, deve essere alla base di qualsiasi politica in materia di acque”, da riconoscersi attraverso “un servizio pubblico fondamentale”. Il testo afferma che “l'acqua deve restare un bene pubblico e un elemento fondamentale della sovranità dei paesi, accessibile a tutti a prezzi sociali ed ambientali equi, tenendo specialmente presente la situazione specifica di ogni paese e dei vari sistemi agricoli esistenti come pure il ruolo sociale svolto dall'attività agricola”;
Dopo essersi occupato del quarto World Water Forum di Città del Messico, il Parlamento europeo decide di investirsi maggiormente nel quinto Forum, quello di Istanbul del 2009. Lo fa decidendo di inviare in Turchia una delegazione ufficiale per presentare le sue preoccupazioni contenute in una risoluzione che adotterà il 12 marzo 2009, anche in questo caso alla sostanziale unanimità. In essa si afferma che “l'acqua è un bene comune dell'umanità, che l'accesso all'acqua potabile dovrebbe costituire un diritto fondamentale e universale, e che devono essere compiuti tutti gli sforzi necessari per garantire, entro il 2015, l'accesso all'acqua potabile alle popolazioni più povere”. L’Europarlamento “dichiara che l'acqua va proclamata un bene pubblico e dovrebbe essere posta sotto controllo pubblico, a prescindere dal fatto che sia gestita, interamente o parzialmente, dal settore privato”, nella convinzione “che lo Stato, nell'attuazione dei suoi compiti riguardanti la definizione delle politiche e dei mezzi necessari, la selezione degli interlocutori e la suddivisione delle responsabilità, resta il responsabile maggiore della politica nel settore idrico pur delegandone l'esecuzione agli enti locali”. In una critica aperta al Forum, l’Istituzione “ribadisce che la gestione delle risorse idriche deve basarsi su un approccio decentrato, partecipativo e integrato, con la partecipazione degli utenti e dei responsabili decisionali nella definizione delle politiche locali nel settore idrico” (si veda, ad esempio, il referendum in Italia sulla privatizzazione dell’acqua). L’Europarlamento “chiede alla Presidenza di turno di rappresentare l'Unione europea al Forum di Istanbul con un mandato per considerare l'accesso all'acqua potabile un diritto vitale, fondamentale dell'essere umano, non un bene economico soggetto unicamente alle leggi di mercato; auspica che nel contesto delle Nazioni Unite siano avviati negoziati per pervenire a un trattato internazionale che riconosca tale diritto; chiede agli Stati membri dell'Unione europea e alla Presidenza dell'Unione di lanciare iniziative politiche e diplomatiche in tal senso in seno all'Assemblea generale e della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite” (si fa riferimento alle iniziative che avrebbero poi portato, nel luglio 2010, al riconoscimento del “diritto all’acqua e ai servizi igienico-sanitari di base quale diritto umano fondamentale” da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, risoluzione A/64/L.63).
In tre legislature diverse e in varie occasioni, dunque, il Parlamento europeo ha ribadito posizioni avanzate sul riconoscimento del diritto all’acqua quale diritto umano fondamentale, sul fatto che l’acqua stessa è una risorsa che si configura come bene comune dell’umanità e che solo un servizio pubblico può gestirla. Posizioni che sono state ignorate in parte dalla Commissione Europea e, soprattutto, dal Consiglio dei Ministri (che rappresenta i singoli governi nazionali). È necessario che i gruppi parlamentai europei continuino tutti ad impegnarsi perché le indicazioni dell’Europarlamento vengano tradotte in politiche concrete, all’interno e all’esterno dell’Unione. Alla luce anche dell’evoluzione del dibattito mondiale sul tema dell’acqua, perché l’Unione Europea rispetti gli impegni presi nell’ambito degli “Obiettivi del Millennio / Millenium Development Goals” e per la protezione e promozione del diritto all’acqua per tutti, europei e non.
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