giovedì 13 settembre 2012

Memorandum per tutti

Roberto Musacchio - Il copione ricalca quello che già avvenne per le prime “ misure salva Grecia “ con una Germania che appare riluttante a ciò che si sta decidendo. In questo caso, di fronte allo sdoganamento fatto da Draghi all’acquisto di titoli da parte della Bce, è il rappresentante della Bundesbank che, si dice, ha espresso l’unico voto negativo. Ma già la Merkel manda a dire che la BCE è autonoma nel decidere e dunque non dà il segnale rosso. In Germania si attende il pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legittimità del salva stati ma, nonostante la tradizionale prudenza, la Cancelliera ha continuato a definire quale è a suo avviso lo scenario che deve essere percorso. E in questo scenario c’è l’integrazione fiscale e bancaria e la modifica del Trattato di Lisbona per adeguare l’ Europa alla nuova realtà che si è andata definendo nella crisi.
Il via libera agli acquisti illimitati di titoli annunciato da Draghi può apparire un po’ forte per i tedeschi ma la realtà è probabilmente diversa. D’altronde il trasferimento di denaro pubblico per intervenire nei salvataggi è stato in questi anni massiccio. Barroso ha parlato in Parlamento Europeo di 6500 miliardi! La decisione di Draghi poi consta di due parti. E la seconda è quella che va sotto il titolo di “ condizionalità “ e cioè delle stringenti misure cui dovranno sottostare i Paesi che chiederanno di intervenire per limitare il proprio spread. In sostanza dunque la pratica dei Memorandum diviene ordinaria e vale per tutti. A proposito di Memorandum in questi giorni il Corriere della Sera dava notizia di quella che sarebbe stata l’ultima lettera inviata dalla Troika al Governo Greco in cui tra le altre vi erano indicate le misure per applicare rigidamente ai lavoratori ellenici la Direttiva quadro sull’orario di lavoro che prevede 6 giorni lavorativi con un riposo giornaliero di 11 ore e dunque 13 ore lavorabili! Ma anche aldilà della particolare protervia verso la Grecia, questi provvedimenti in assenza, voluta, di una qualsiasi politica economica e di sviluppo a scala europea, restano necessariamente nel solco delle politiche di austerità volte a determinare una costrizione sociale. Quel poco di ossigeno che si potrà avere con una possibile riduzione degli spread, e dunque degli interessi, sarà consumato dalle ulteriori misure di restrizioni poste dalla condizionalità che colpirà reddito e welfare, in un quadro che per altro l’Ocse conferma negativo per l’economia. Per giunta nulla va ad intervenire sulle dinamiche della speculazione finanziaria che sono assai più strutturali di quelle che sono attribuibili alla vulnerabilità derivante dai debiti sovrani. La traslazione fuori dalle consuetudini di un sistema democratico poi si accelera. La condizionalità rende permanente e continuata l’azione della Troika, Consiglio, Commissione e Banca, nell’indicare e prescrivere le scelte finanziarie, economiche e sociali. Non a caso è a questa stessa Troika che il Consiglio di giugno aveva affidato la facoltà di proposta in merito alla revisione del Trattato. E colpisce che il Presidente del PE, lo SPD tedesco Martin Schultz, in recenti interviste abbia dichiarato che non ci sono spazi per modifiche del Trattato affidate ad Assemblee Costituenti o allo stesso PE. A conferma che la modifica, necessaria ad apporre il sigillo alle scelte già fatte, avverrà per via intergovernativa. Cioè, come avvenuto per il Fiscal Compact, neanche con il sistema comunitario ma con quello di un accordo tra governi, da ratificare. Non è la sola convergenza sul campo tra tedeschi di sponde che dovrebbero essere opposte e che in realtà stanno votando tutto insieme, a partire dal Fiscal Compact. A dire che la Germania non sta lì a subire le scelte. Anche a proposito di Grecia dal fronte Spd è venuto il riferimento ad una sua permanenza nel sistema euro ma sotto forma di area a regime speciale. Formula che fu adottata ai tempi dell’unificazione dell’Est e che comportò sistemi salariali e normativi differenziati che permangono ancora. Come non è difficile pensare ad un'altra convergenza su una idea di presidenzialismo europeo a chiusura di un cerchio in cui il potere legislativo e decisionale è sommato negli ambiti governativi e non è nelle attribuzioni del Parlamento, che rimane in sostanza consultivo, giacchè la codecisionalità attribuita dal Trattato di Lisbona è sempre più svuotata dai nuovi poteri di governance assegnati alla Troika. Magari con i socialisti a proporre come massima delle riforme possibili un proprio uomo in testa alle liste nazionali per le europee indicato come candidato ad una presidenza cui andrà con tutta probabilità qualcun’ altro. In questo continuare ad operare a pezzi, di cui le indicazioni di Draghi sono un altro mattone, e che è l’esatto contrario di realizzare una costruzione organica e democratica, pure intravedere lo scenario che ho descritto non è difficile. Per le forze che in Italia hanno posto al centro della propria azione di fase la questione spread isolandola di fatto dal contesto, la condizionalità prevista non rappresenterà un elemento dirimente nel proprio orientamento, anzi. Tanto più che questa condizionalità va verso scelte ampiamente iscritte nelle loro corde e servirà a rafforzare l’abbraccio con la famosa agenda di Monti. Che ormai è destinata a durare non solo politicamente ma perché istituzionalizzata nella sua irreversibilità. Per tutti coloro, lavoratori e cittadini, che questa condizionalità la subiscono e la subiranno invece sempre più emerge tutta intera la contraddizione in cui stiamo e che si chiama assenza di democrazia. Urge una vera rottura democratica che imponga ciò che è indispensabile e cioè una riscrittura dell’assetto costituzionale di questo strano soggetto che si chiama Europa nel solo modo che dovrebbe essere concepibile nella nostra era e cioè attraverso un mandato popolare affidato ad una Assemblea o al Parlamento Europeo.

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