venerdì 9 settembre 2011

Cambiare rotta

Come è possibile che un’impresa considerata da tutti storica come quella dell’adozione dell’euro si accompagni ad una crisi economica e sociale dell’Europa e a un malessere degli europei della portata di quella che stiamo vivendo? Una crisi che peraltro appare sempre più avvitata su se stessa e impermeabile alle cure da cavallo che vengono somministrate. La domanda va posta senza sconti e senza tabù perché, a sinistra in particolare, non c’è più spazio per soluzioni conservative (e conservatrici), di continuità. La riflessione proposta da Latouche su come la moneta possa essere un buon servitore ma sia sicuramente un pessimo padrone, non può essere confutata con un’alzata di spalle. Anche perché gli interrogativi sulle magnifiche sorti e progressive della moneta unica sono molti e fattuali. Dico subito che non sono, a differenza di Latouche per l’uscita, neanche parziale, dall’euro. Sono però convinto che la strada per trasformare il cattivo padrone in buon servitore richieda un ripensamento profondo. E’ necessario perciò rispondere alle falsificazioni che gli adoratori dell’euro hanno incontrato sulla loro strada. Non da ultimo la diversa capacità di risposta al rischio default di due paesi agli estremi dell’Europa come la Grecia e l’Islanda, uno nell’euro e uno fuori, uno coperto dall’ombrello UE e l’altro no. Naturalmente l’Islanda è veramente piccolissima, ma ha mostrato una capacità e una possibilità creative sconosciute al gigante UE.